Caro Paolo,
in questo giorno del Trionfo elettorale Ti scrivo previa approvazione degli altri colleghi di studio perché viviamo di parole (anche nei Tribunali di noi diffidenti per cadenza di parlata), scritte e pronunziate sempre in piedi, con voce ferma e schiena dritta, come siamo abituati a fare.
Quando me lo dicesti pensai: Si candida sindaco, ma perché si vuole mettere nei guai?
Il sindaco è il mestiere più ingrato che ci sia. Sei sulla graticola per tutto il mandato e anche oltre, sei il politico più esposto al giudizio, al pregiudizio e alla rabbia della gente, sempre in prima linea, sei nel mirino dei magistrati e degli inquirenti, sei il capro espiatorio di tutti i problemi e fatti che accadono nel comune, sei sospettato di ogni furto, abuso e abominio accaduto nel tuo territorio, sei colpevole di ogni marciapiede, ogni buca e ogni cassonetto, perfino dei topi oppure dei cinghiali in centro città.
In aggiunta la carica di sindaco, da anni, non è più il trampolino di lancio per una carriera politica.
In principio fu la legge per l’elezione diretta, forse l’unica riforma elettorale e politica che ha davvero funzionato tra tante. Sull’onda di quella riforma nacque la stagione dei Sindaci, la loro grande popolarità, la loro ascesa. Si cimentarono personalità politiche come Rutelli e Veltroni, Bassolino o Fassino, Orlando o Bianco, la Moratti ed Alemanno. La carica di sindaco lanciò sul campo nazionale figure come Renzi o Chiamparino. Avemmo il primo sindaco-filosofo eletto dal popolo, il doge Cacciari. E Mastella, De Mita, Cofferati… Venne pure la stagione dei sindaci sceriffi, da De Luca a Emiliano, poi elevati al rango di governatori nei rispettivi emirati.
Ora, invece, non un leader aspira ad una candidatura a sindaco. Nessun sindaco oggi è ricordato con gloria, anzi il meglio che possa capitare è che venga dimenticato in fretta, e senza strascichi giudiziari. A nessuno di essi è consentito assurgere a leader nazionale, pronto a pensare (esercizio sconosciuto ai più) a livello centrale.
Una fatica immensa, una gogna mediatica pazzesca e poi come compenso guadagni meno di un parlamentare qualunque. In pratica un peone ma con le fattezze di San Sebastiano trafitto .
Penso ci sia una legge non scritta nel nostro sistema politico in base alla quale più sei irrilevante, inutile, non incidente, e lavori poco e più guadagni. Il massimo sono i parlamentari europei, che vengono pure perdonati per inconsapevolezze da idioma ed ai quali nessuno richiede una “obbliganza penes acta” (antico istituto di diritto mezzo contratto e mezza sentenza che obbligava a non rientrare nel regno) finché non parli inglese.
Non Ti dico poi delle aggressioni che certamente subirai da Noi al sud. Mazziare il sindaco è uno sport diffuso e molto praticato. E’ colpa dò Sinnaco !!!
E’ l’effetto collaterale dell’elezione diretta. L’esposizione uninominale e mediatica assai forte, la personalizzazione della politica, il risvolto plebiscitario del voto diretto hanno lo sgradevole effetto collaterale di concentrare sui sindaci aspettative generali e personali, civiche e private, un tempo riposte sui partiti o ammortizzate in più articolati iter decisionali, politici e amministrativi.
Il decisionismo espone di più alle intemperanze della platea, semplifica il bersaglio. Da quando c’è la personalizzazione del potere, con lo sciame mediatico e le tv locali, gli odii e amori vengono concentrati e catalizzati in modo univoco e a volte incivile su di lui.
Il tasso di violenza dentro la politica è sempre stato molto alto ma in passato si esprimeva in chiave ideologica e collettiva, oggi invece si esprime ad personam.
In passato erano le furibonde lotte sindacali e politiche, le roventi lotte contadine, gli scontri tra estremisti, i picchetti, gli assalti, i copertoni bruciati, gli agguati e gli scontri di piazza, tutto contro un sistema. Ciò che sconvolgeva erano le monetine contro le auto blu, una manifestazione fuori dalla norma perché contro un uomo e non la sua idea.
Il primo esempio di sindaco malmenato nella repubblica italiana fu letterario: il sanguigno Peppone, sindaco-compagno. L’aggressore però aveva mani sante e intenzioni pie, trattandosi di don Camillo. Ma il mondo del dopoguerra, che si agitava in bianco e nero tra il brusco e il lambrusco sullo sfondo padano è finito da un pezzo.
Anche negli anni di piombo l’uomo di potere che veniva colpito era un simbolo più che una persona, ora accade il contrario: il sindaco viene colpito a prescindere dal suo ruolo simbolico e autorevole, ma in quanto persona che detiene il potere e non mantiene impegni veri o presunti.
A sud, poi, il rapporto personale è più forte, il temperamento è più istintivo, la cafoneria più diffusa e vi è chi pensa che impedire al sindaco di disporre per il giusto in coscienza e sulla base della sua scienza, ostruirgli la via, inibirne l’azione equivalga alla consegna di un tapiro a Striscia la notizia.
Sappilo: la fascia tricolore non è uno scudo immunitario ma indica più chiaramente l’obbiettivo da colpire.
Nessuno più di noi che quotidianamente ti incontriamo può testimoniare quanto fermi e limpidi siano i Tuoi principi e, sapendo del Tuo grado intellettivo, quanto sia consapevole delle asperità a venire.
Abbiamo, insieme, incontrato e concorso alla formazione di alcune menti ammirevoli poi divenuti, magistrati, toghe d’onore, professori universitari e notai. Tutti hanno scelto cosa fare della propria esistenza ponderando il futuro, tutte scelte dettate dal raziocinio, quindi dal cervello.
Nessuno, come te, ha mai provato ad utilizzare il cervello per alimentare il cuore.
Bell’idea: ragioniamo con il cuore.
Ed allora ho capito. Nonostante le agevoli sopra svolte prospettazioni hai voluto assumere l’onere cui ti sentivi chiamato senza averne obbligo ovvero necessità ma per puro amore verso il consorzio umano, non il territorio, che ti ha visto nascere e crescere. Quando vorrai ci saremo. Buon Lavoro.